Origine

      Le prime tracce di insediamenti urbani risalgono fino all’età paleolitica ma è soprattutto dall’età dei metalli che gli stessi si fanno più stabili con evidenti segni di prevalente attività agricola e pastorale.


      L’origine della città, pur se difficile da formulare con esattezza, è da ricercarsi comunque nei testi di antiche leggende che trattano di due ipotesi al riguardo la prima delle quali, narrata da Strabone, Plinio il Vecchio e Paolo Diacono, riferisce che i primi abitatori del luogo furono i Sabini che nel viaggio di celebrazione della primavera sacra furono guidati in questi posti da un picchio (uccello sacro a Marte che poi rimarrà come emblema) o più verosimilmente da un mitico Re Pico dal quale deriverebbe anche l’attribuzione del nome Picenum alla regione e Piceni agli abitanti.

      L’altra ipotesi si rifà invece ad un’antica leggenda, raccolta da Silio Italico, che racconta che il nome Ascoli deriverebbe dalla radice egeo-anatolica as e che l’odierna città sarebbe stata fondata dal Re pelasgo Aesis.             
Fatto alquanto certo comunque è che la cittadina esisteva già fra il V e il IV secolo a.C. ed era fortificata in maniera molto considerevole; altrettanto certo è che i Piceni, grazie soprattutto alla posizione strategica del loro insediamento avevano un cospicuo grado di potenza e godevano di grande riguardo, testimonianza di ciò rimane la richiesta di alleanza

 ed amicizia proposta dai Romani, intorno al 299 a.C., all’inizio della propria espansione per combattere i Galli.


Romana

Dopo aver goduto di un periodo di indipendenza nel 269 a.C. Ascoli si pone a capo di un rivolta contro lo strapotere romano che fu soffocata nel sangue dalle legioni romane e soprattutto da un catastrofico terremoto; Ascoli cosi entra a far parte della zona d’influenza di Roma ma la sua importanza non venne sminuita anzi poté godere per un lungo periodo di un rapporto privilegiato divenendo centro strategico per gli interessi romani con i popoli d’oltremare e gli Italici. 

I due secoli seguenti passarono senza notizie rilevanti riguardo la cittadina che invece si propose di nuovo a capo di una rivolta condotta insieme ai Sanniti e alle popolazioni marsiche che si unirono nella Lega Italica (per la prima volta la parola Italia compare sulle monete) nell’anno 91 a.C.; Roma preoccupata dell’accaduto inviò ad Ascoli il proconsole Quinto Servilio che minacciò in maniera arrogante tutta la folla che esasperata trucidò lo stesso insieme ad altri romani residenti in città dando cosi inizio alla Guerra sociale.
   I combattimenti che si protrassero per quasi due anni furono dapprima favorevoli alla Lega Italica che riuscì a contenere poi anche a far volgere in fuga le truppe romane che però rafforzatesi in maniera rilevante con altre legioni inviate da Roma riuscirono a ribaltare la situazione assediando la città di Ascoli che nel Dicembre dell’89 a.c. dopo una strenua resistenza dovette cedere le armi ed arrendersi alle truppe romane guidate da Pompeo Strabone. Una volta entrati in città i romani si abbandonarono ad una feroce rappresaglia, i capi della rivolta furono trucidati, gli abitanti mandati in esilio e l’intero abitato quasi distrutto. Si ricorda in questo periodo la figura di Ventidio Basso, figlio di un generale ascolano portato a Roma bambino insieme alla mamma dietro il carro del vincitore Strabone, che in seguito per il suo elevato ingegno e valore militare assurgerà agli alti gradi di pretore divenendo uno dei condottieri più illustri dell’epoca.

      Con la conquista di Ascoli i romani posero fine alla Guerra Sociale che fu l’ultimo tentativo di rivolta delle popolazioni italiche e si assicurarono il controllo dell’intera zona ma dalla resistenza e dal sacrificio dei Picenti si prese atto che era giunta l’ora da parte di Roma di riconoscere il diritto di cittadinanza romana anche alle genti italiche sottomesse.
Dopo alcuni decenni dalla fine della guerra Ascoli risorse con tutto il suo antico splendore e molti furono i monumenti romani costruiti in quel periodo di cui ancora oggi abbiamo rilevante testimonianza; di questi anni è anche l’inizio della lotta nell’Impero Romano tra Pompeo e Cesare al cui fianco la città di Ascoli si schierò con decisione.

Altre notizie riguardano il periodo della divisione delle provincie effettuate da Augusto nel secondo secolo d.C. in cui il Piceno ottiene posizione di riguardo sviluppandosi in breve tempo in maniera molto rilevante nel territorio racchiuso fra il fiume Tronto ed il Castellano.

Dopo Augusto il Piceno fu diviso in due distretti uno verso Nord ed uno verso Sud, Ascoli divenne sede del governatore di quest’ultimo territorio divenendone anche centro amministrativo. Cessato il periodo imperiale si instaurò un regime autonomo sino al periodo delle invasioni dei barbari.

 

Longobarda

 I primi tentativi di invasione da parte dei barbari non ebbero buon esito e difatti ne i Goti di Alarico, che nel 405 d.C. fecero un primo tentativo a cui rinunciarono ben presto per la saldezza delle fortificazioni ascolane, ne Attila stesso, che nel 452 d.C. addirittura evitò la città sapendola forte e pronta a combattere, riuscirono nell’impresa e per oltre sessant’anni la città non fu molestata.

 Riesce nell’impresa invece nel 544 d.C., dopo che per quattro anni la città fu assoggettata dai Greci di Belisario, il gotico Totila che dopo aver accerchiato la città impadronendosi dei castelli della vallata del Tronto cinse d’assedio la città costringendola alla resa.


     Dopo otto anni i Goti furono scacciati e gli ascolani tornarono a governarsi da soli ma nel 578 d.C. una nuova numerosa formazione di barbari, i Longobardi, invase la città che dopo furiosi combattimenti (si ricorda l’attività dell’eremita Agostino) dovette di nuovo cedere agli invasori che guidati dal duca Faroaldo entrarono in Ascoli facendo strage dei suoi abitanti e distruggendo e saccheggiando qualsiasi cosa determinando un lungo periodo di crisi economica e sociale. Grande rilevanza per i Longobardi ebbe in questi anni Castel Trosino dove il secolo scorso è stata rinvenuta una ricchissima necropoli barbarica.

Solo grazie all’opera della regina Teodolinda, alla fine del sesto secolo, le sorti di Ascoli riuscirono a risollevarsi con la città che fu di nuovo ricostruita ed i fuggiaschi fatti rientrare fra le mura cittadine; per altri due secoli comunque Ascoli fu governata dai longobardi dipendenti dal ducato di Spoleto e solo verso la fine dell’ottavo secolo d.C. questo lungo periodo di dominazione terminò grazie all’opera di Carlo Magno dei cui servigi si avvalsero i pontefici di quel tempo.

 

Episcopale

Ascoli entra cosi nell’area di protezione del pontefice, anche se il potere esecutivo rimane a capo di un conte laico coadiuvato dai nobili locali, diventando capoluogo di contea alle dipendenze di Carlo Magno che da grande rilevanza alla città per la sua importante posizione strategica in quanto grossa via di comunicazione per raggiungere facilmente Roma.
       A partire dal 1010, in seguito alla decisione dell’Impero di riconoscere la piena sovranità del Papa sui territori ricevuti dai Longobardi, anche ad Ascoli il Vescovo-conte ottiene pieni poteri ed in questo periodo la città vide sorgere chiese, monasteri, ospedali, ponti, acquedotti e soprattutto numerosissime torri (solo nel 1045 ne furono erette 82) che però non davano certo segno di pace 
anzi mettevano in luce un forte spirito di 

parte e faziosità, segnali questi che solo qualche anno dopo scaturirono con le prime lotte interne per le investiture con laici ed ecclesiastici nella figura di contendenti e questi ultimi a prevalere sugli altri; queste lotte si tireranno avanti tra fasi violente e temporanei armistizi sino al 1183 anno in cui Ascoli ha il suo primo podestà e la costituzione di un primo governo municipale.

 

Comunale

Con la nomina del primo podestà Berardo di Massio da Lisciano nasce appunto il comune ascolano la cui immediata conseguenza è la divisione del potere civile, che va al podestà, da quello spirituale che rimarrà al vescovo della città cosa che contribuì ad acuire il già crescente antagonismo tra guelfi e ghibellini.

Nel 1242 i ghibellini invocarono l’intervento straniero per imporsi al popolo che si definiva guelfo e che era stato aiutato dal papa Gregorio IX ed alla fine vi riuscì aiutando l’ingresso di Federico II che invece una volta entrato in città approfittò della situazione saccheggiando tutto il possibile e distruggendo la città per la terza volta dopo Strabone e Faroaldo.

Nel periodo comunale comunque si ebbe anche un florido sviluppo sia della vita civile che economica, Ascoli era retta dal governo degli Anziani con a capo il Podestà e il Capitano del popolo ed era divisa in quattro quartieri e ciascuno di essi in sestieri; nel 1290, ad opera del concittadino Papa Niccolò IV, fu istituita in città l’università e negli stessi anni si estesero i traffici commerciali anche con la potente repubblica di Venezia.

In questi anni però si fece sempre più acerrima la rivalità con la vicina Fermo che risaliva ai tempi di Strabone quando Fermo facilitò la conquista di Ascoli da parte romana, tale situazione sfociò in un lungo e dispendioso conflitto che durò per oltre un secolo e mezzo e si calmò solo ad opera della Santa Sede intorno al 1500.

 

Le Signorie

  La lunga lotta con Fermo causò il disperdersi delle migliori energie della città e contribuì alla crisi della democrazia e del regime comunale dando cosi sempre più spazio ai pericolosi tentativi di instaurazione di dispotiche Signorie alle quali però il popolo reagì sempre in maniera molto determinata.

Storicamente la prima famiglia che detenne il potere dal 1318 al 1319 fu la Dalmonte, più duraturo risultò invece il dominio della città da parte di Galeotto Malatesta che, forte anche del fatto che aveva affidato il comando della guerra contro Fermo, vi regnò da despota dal 1349 al 1356; altro tiranno di questi tempi fu il Tibaldeschi ma per un breve periodo.

Dopo la pace con Urbano VI Ascoli tornò sotto la Santa Sede nel 1378 e vi restò, seppur con ripetute lotte interne, per diversi decenni sino alla venuta di Francesco Sforza che assoggettò la città e la governò all’incirca per tre decenni. Di questo periodo è la nascita del primo e più antico Monte di Pietà d’Italia ad opera del Beato Domenico da Leonessa.

Gli ascolani riescono a liberarsi degli Sforza grazie ai guelfi Dal Monte, Sgariglia e Saladini che riottengono l’ordinamento repubblicano fatta salva la sovranità pontificia e la dipendenza dalla Chiesa. In questo periodo di confusione e lotte tra guelfi e ghibellini salgono alla ribalta i Guiderocchi che però una sollevazione popolare costringe all’esilio dopo breve tempo; ai Guiderocchi seguono i Malaspina che però nulla cambiano nel modo di gestire il potere.

Seguono anni di buio dove non v’è limite allo scempio e dove il banditismo regna sovrano ed Ascoli vive uno dei periodi più tristi della sua storia civile ed il papa Pio IV toglie alla città la giurisdizione di alcuni castelli e fa erigere in città la Fortezza Pia contro i nemici sia interni che esterni.

Alla fine del XVI secolo la città conosce finalmente un nuovo periodo di pace ed una ripresa dell’attività civile e rurale rappresentata anche dalla nascita di una nuova figura sociale che è il popolano ossia un lavoratore che per vitto e alloggio lavora alle dipendenze del proprio padrone.

 

Napoleone

Alla fine del XVIII secolo anche in Ascoli arrivano gli echi della rivoluzione francese e gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità si fanno largo anche nella popolazione locale tant’è che nel 1799 all’arrivo dei soldati franco-cisalpini i repubblicani li accolsero con grande entusiasmo ma subito dopo le attese andarono deluse, iniziarono difatti razzie e depredamenti di chiese e conventi. Tale situazione generò una violenta reazione popolare simbolo della quale fu Giuseppe Costantini detto Sciabolone che si distinse per l’indomito coraggio ed lo spiccato senso strategico ma anche lui fu alla fine battuto e costretto alla fuga dalle truppe francesi.

Nel 1808 Napoleone fa di Ascoli, Fermo e Camerino una sola provincia e la città diventa cosi la parte più meridionale del Regno d’Italia subordinata a Fermo; dopo alcuni anni però, alla caduta di Napoleone, ci saranno grosse manifestazioni di gioia per la restaurazione del governo pontificio che avverrà senza spargimenti di sangue o vendette trasversali.

 

Regno d’Italia

  Intorno al 1820 si hanno notizie di formazione di società segrete anche ad Ascoli e non pochi aderenti di esse si arruolarono per combattere gli austriaci che avanzavano e che poi nel 1849, dopo intense e drammatiche lotte, avranno la meglio occupando e riconsegnando alla Santa Sede la città.

La proclamazione della Repubblica Romana, nello stesso anno, viene osservata con grande interesse dalla cittadina ascolana che aderisce convinta all’iniziativa e soprattutto il passaggio in città di Garibaldi, che abbraccia pubblicamente Sciabolone donandogli anche una spada, desta grossi entusiasmi tra la popolazione.

 
      Alla proclamazione dell’Unità d’Italia ad Ascoli viene restituita la centralità del Piceno divenendo il capoluogo di una delle quattro province delle Marche.

 

Le guerre mondiali

 La città fu amministrata, in questo primo periodo nel Regno d’Italia, in prevalenza da liberali di fede monarchica sino alla prima guerra mondiale del 1914 alla quale il popolo ascolano partecipò attivamente.

Alla sua conclusione, nel 1918, ebbe inizio il ventennio fascista periodo in cui si sviluppò la produzione della seta naturale e quella delle olive verdi in salamoia, speciale prodotto tipico già apprezzato dagli antichi romani.

Durante la seconda guerra mondiale Ascoli riveste un ruolo di grande importanza soprattutto nella seconda parte quando, dopo l’armistizio del Settembre 1943, nella zona si accese una tenace lotta contro gli occupanti nazisti.

 
     La Resistenza vide unite tutte le diverse categorie della vita civile e sociale e l’opposizione agli invasori fu molto coraggiosa e consistente a tal punto da respingere il primo tentativo di occupazione infliggendo alle truppe tedesche forti perdite di mezzi ed uomini.

La lotta fu aspra soprattutto nella zona del Colle S. Marco dove dopo furiosi combattimenti i patrioti furono costretti a cedere e venticinque di essi caddero eroicamente sul campo mentre altri furono fucilati in seguito ed altri ancora deportati in Germania. La guerriglia andò avanti anche in altre località della provincia e numerosi furono gli eccidi di partigiani e civili, alla fine si contarono nella Resistenza più di centocinquanta caduti per combattimento o fucilazione ed oltre cento per prigionia nei campi di concentramento. Per questi eroici episodi alla provincia di Ascoli, nel 1976, fu consegnata la Medaglia d’Oro al Valore Militare della Resistenza.